I Capricci d’un Re

I capricci d’un Re è una commedia in cinque atti di Stefano Pulvirenti, scritta nei primi anni del ‘900 e pubblicata nel 1930 da una tipografia romana: Tip. Consiglio Naz. Di Emigrazione e Lavoro. L’unica copia registrata in OPAC SBN del testo a stampa si trova presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, mentre un’altra copia è affidata agli eredi della famiglia Pulvirenti.

Il manoscritto

L’edizione da noi proposta con EVT1 è la digitalizzazione del manoscritto dell’opera.
Il manoscritto in nostro possesso per la sua grafia, per assenza di cancellatura e per la grande aderenza al testo dell’edizione a stampa, potrebbe essere la copia in bella che l’autore consegnò alla tipografia romana per la pubblicazione del testo. I due testi infatti differiscono solo per alcune varianti ortografiche.

Il manoscritto è un quadernone a righe di 116 pagine, di 31×21 cm. Presenta un buono stato di conservazione, se non per alcune pagine, probabilmente consumate dall’usura, ma il contenuto risulta sempre ben leggibile.

Copertina del manoscritto de "I Capricci d'un Re".
Copertina del manoscritto de “I Capricci d’un Re”.

La trama

La storia de I Capricci d’un Re si svolge a Palermo nel 1740 e narra un equivoco messo in atto dalla famiglia Alvaro per combinare un matrimonio e i capricci del Re Carlo III, Viceré delle Due Sicilie. I due fili narrativi si intrecciano, formando una sola trama, fitta di episodi esilaranti e, per contrappunto, di momenti altamente poetici.

L’INTRIGO

L’intrigo viene ordito dai coniugi Alvaro e dal sensale Don Papirio, grazie alla grande somiglianza fisica dei due fratelli gemelli Alvaro: Battista e Corradino. L’intento di don Antonio Alvaro e della moglie Giulia è di combinare il matrimonio tra Battista e Stella Salemi, figlia di don Rocco, presentando però durante il periodo di fidanzamento il figlio Corradino e solo davanti all’altare il gemello Battista.

I due fratelli si somigliano moltissimo nell’aspetto, e ciò rende possibile l’inganno, ma differiscono molto nel carattere. Battista è preda di eccessi di follia, di «esaltazione erotica con delirio di grandezza»[1], mentre Corradino è un ufficiale dell’esercito regio di grande compostezza e lealtà. L’intento della famiglia Alvaro è quindi quello di far sposare Battista e cercare una sistemazione per questo figlio che non riescono a controllare.

Vi sono però delle complicazioni che rendono difficile il raggiungimento del proposito. Infatti Stella Salemi è innamorata di Diego, suo tutore che ricambia il suo amore, e Don Rocco, suo padre, è attaccato tanto alla dote della figlia e al denaro, da non lasciar andare così facilmente la ragazza.

DON PAPIRIO E I CAPRICCI DEL RE

Il personaggio fondamentale di questa storia è Pietro Marmitta, detto Don Papirio, poiché lega insieme le due storie di questa commedia, ovvero quella del matrimonio e quella del re e dei suoi amici: il marchese Squillace, il Principe Ruffo e il Duca di Eboli. Don Papirio è il sensale di matrimoni di Palermo ed è egli stesso a scatenare i capricci del Re che danno il titolo all’opera. Nella quinta scena del primo atto le sue parole e la sua esuberanza stuzzicano tanto il re Carlo III, da indurlo a proibire ai cittadini di Palermo di lavorare per un giorno intero, con l’intento di cogliere proprio Don Papirio in flagranza e farlo pentire delle sue parole.

Da questo momento si cominciano ad intrecciare le storie dei personaggi: il Re e i suoi amici si fingeranno nobili napoletani ed entreranno nelle vicende delle famiglie Alvaro e Salemi, giocando la propria parte.

[1] p. 26 dell’edizione digitale da noi presentata.